La legge delega 183 del 10 dicembre
2014 (c.d. Jobs Act) contiene dei “principi e criteri direttivi” che vanno
nella stessa direzione delle analisi e delle proposte fatte dal nostro Gruppo (v. Sei Proposte... in questo blog).
Stupisce e dispiace che nel
dibattito attuale sui decreti di attuazione del Jobs Act non si parli quasi per
nulla delle misure in tema di “conciliazione delle esigenze di cura, di vita e
di lavoro” (così recita il Jobs Act stesso).
In realtà noi riteniamo, come molte
altre e altri, che questo tema dovrebbe avere la stessa attenzione ad esempio
del “contratto a tutele crescenti” o della riforma degli ammortizzatori sociali,
perché in Italia il doppio-sì (al lavoro e alla maternità) è veramente difficile
da realizzare, come dimostra anche la costante diminuzione del tasso di
fecondità[1].
Per questo motivo, abbiamo
evidenziato quattro provvedimenti che il Governo potrebbe adottare nell’attuare
le linee- guida prescritte dal Jobs Act.
1. Indennità universale di maternità
Il riferimento è a: Jobs Act Art. 9, lettera a)
Ricognizione delle
categorie di lavoratrici
beneficiarie dell'indennità
di maternità, nella
prospettiva di estendere,
eventualmente anche in modo graduale, tale
prestazione a tutte
le categorie di donne lavoratrici
Il
Gruppo
maternità&paternità ha già realizzato questa ricognizione. Attualmente
risultano escluse dall’indennità di maternità:
·
Le stagiste e
tirocinanti: alle "tradizionali" tirocinanti che si stanno preparando
all'abilitazione professionale (da
avvocato, commercialista, psicologo etc), negli ultimi anni si aggiunge un vero
e proprio esercito di stagiste, inserite in imprese ed organizzazioni;
·
Le donne che
lavorano come autonome ma non hanno un adeguato pregresso contributivo.
·
Le donne
inattive, come le studentesse o le donne che svolgono compiti di cura familiare;
·
Se una
lavoratrice ha cessato l’attività da dipendente da più di 60 giorni (e non gode
dell’indennità di disoccupazione), ha diritto all’indennità di maternità solo
se sono soddisfatti due requisiti:
cessazione del rapporto da non più di 180 giorni e 26 contributi
settimanali nell’ultimo biennio a favore della lavoratrice.
Ci
sono poi situazioni di donne che ricevono già un’indennità, ma di ammontare
inferiore a quello proposto e che pertanto andrebbe integrato. Tra queste:
·
Molte
lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS (collaboratrici e
professioniste), per le quali l’indennità (a differenza di quanto accade per
commercianti, artigiane e professioniste iscritte ad ordini professionali) è
calcolata proporzionalmente ai contributi versati.
·
Le
donne che ricevono l'assegno dallo Stato, rivolto alle madri lavoratrici o ex-lavoratrici che non hanno diritto ad altri trattamenti di
maternità.
·
Le
donne che ricevono l'assegno erogato dall'INPS su segnalazione dei Comuni,
rivolto alle madri che non hanno diritto né alle altre indennità di maternità
né all'assegno statale.
La
proposta Gruppo maternità&paternità è quella di offrire a tutte le madri un’indennità di 5 mensilità che non sia inferiore a 1,5 volte
l’assegno sociale (che nel 2014 è pari a 447,61 euro).
2. Part time
Il riferimento è a: Jobs Act Art. 7, lettera a)
Individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti …
Il
Gruppo
maternità&paternità crede utile in
generale diffondere come già in altri Paesi l’uso di orari ridotti e articolati
– su base giornaliera, settimanale, annua – in modo da favorire le possibilità
di scelta dei lavoratori e delle lavoratrici e le proprie strategie personali e
familiari (non solo necessariamente legate alla cura ma alla formazione, al
tempo per sé nella vita anziana, etc.
Per questo proponiamo:
·
l’attuazione
del sistema già previsto dalla l.196/1997, art. 13 (cd pacchetto Treu) che
stabilisce una rimodulazione delle
aliquote contributive in base alle fasce orarie (ove le riduzioni di orario
siano definite contrattualmente), per incentivare la scelta volontaria di orari
ridotti.
La norma sulla “fruizione oraria dei
congedi” – che avrebbe dovuto in pratica stabilire una specie di diritto al
part time collegato al sistema del congedo parentale – risulta tuttora non
applicata e comunque inapplicabile e farraginosa.
Per questo proponiamo (vedi anche sotto,
nel paragrafo sui congedi parentali):
·
Part time come diritto per i genitori fino ai tre
anni del figlio/figlia,
indennizzato fino a concorso con l'indennità di congedo parentale se non
usufruito.
3. Contrattazione della flessibilità di tempo e di
luogo
Il
riferimento è a: Jobs Act Art. 9, lettera d)
Incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la
flessibilità dell’orario lavorativo e dell’impiego di premi di produttività al
fine di favorire la conciliazione …
Il
sistema di incentivi alla contrattazione di salario aziendale collegati ad
interventi di flessibilità per l’aumento della produttività (si veda il Decreto
CM del 22 gennaio 2013) è stato ben accolto dalle aziende. Secondo lo spirito
del comma d), un sistema di incentivi di questo tipo potrebbe essere reintrodotto
con un legame più forte e specifico alla conciliazione.
Il
Gruppo
maternità&paternità propone:
·
di applicare
sgravi fiscali e/o contributivi ai premi variabili solo se introdotti
all’interno di accordi aziendali che prevedano strumenti di conciliazione: le
forme di conciliazione possono essere schemi flessibili di orario a scelta del
lavoratore (“orari a menù”), rimodulazione e riduzione degli orari, smartworking, indennità e
altri benefit di welfare aziendale per la conciliazione.
·
in alternativa
o in aggiunta, di de-contribuire per un periodo di 5 anni tutti i nuovi rapporti di
lavoro di part time scelto per
ragioni di cura e di smartworking.
4. Congedo parentale
Il
riferimento è a: Jobs Act Art. 9, lettera g)
Ricognizione delle
disposizioni in materia
di tutela e sostegno della maternità e della paternità,
ai fini di
poterne valutare la revisione per garantire una maggiore
flessibilità dei relativi congedi
obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di
vita e di lavoro, anche tenuto
conto della funzionalità organizzativa all'interno delle imprese;
I congedi parentali sono una
importantissima misura di conciliazione del lavoro con le esigenze di cura. A
tutt’oggi però sono considerati tipici del lavoro dipendente. Tant’è vero che i
papà autonomi sono esclusi dall’accesso a questo strumento di conciliazione e
anche le mamme autonome possono accedervi sino ad un massimo di 3 mesi nel
primo anno di vita del bambino. Nel mondo del lavoro autonomo e free-lance sono
concentrati attualmente moltissimi giovani madri e giovani padri e il fatto che
un lavoratore autonomo possa disporre del proprio tempo non toglie la necessità
di un contributo al reddito per le ore spese per la cura. Per questo, come Gruppo
maternità&paternità, proponiamo:
·
di
estendere, anche entro il lavoro
autonomo, ad entrambi i genitori
l’indennità di congedo e stabilire che debbano avere la stessa durata prevista per i dipendenti ed essere fruibili sino
ai 3 anni del bambino.
La possibilità di utilizzo ad ore
del congedo parentale, previsto dalla Direttiva europea e introdotto ormai da
quasi due anni dalla riforma Fornero, si è rivelato fallimentare sia per le
difficoltà manifestate dalle aziende timorose di un suo impatto difficile sulla
pianificazione del lavoro (a volte già la fruizione a giornate ha creato
problemi organizzativi), sia per le difficoltà incontrate dall’Inps a fornire
indicazioni applicative per la mancanza di chiarezza della norma. Per questo,
come Gruppo
maternità&paternità, proponiamo:
·
Che
tale norma (astrusa) sia sostituita da un - più semplice e certo sia per i
lavoratori che per le aziende – diritto ad usufruire del part time fino ai tre anni del figlio/a (parzialmente indennizzato,
fino a concorrenza delle ore, dall’indennità prevista dal congedo parentale).
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