mercoledì 11 febbraio 2015

Quattro Suggerimenti per il Jobs Act dal Gruppo maternità&paternità (Maria Benvenuti, Marina Piazza, Anna M. Ponzellini, Anna Soru)

La legge delega 183 del 10 dicembre 2014 (c.d. Jobs Act) contiene dei “principi e criteri direttivi” che vanno nella stessa direzione delle analisi e delle proposte fatte dal nostro Gruppo (v. Sei Proposte... in questo blog).
Stupisce e dispiace che nel dibattito attuale sui decreti di attuazione del Jobs Act non si parli quasi per nulla delle misure in tema di “conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro” (così recita il Jobs Act stesso).
In realtà noi riteniamo, come molte altre e altri, che questo tema dovrebbe avere la stessa attenzione ad esempio del “contratto a tutele crescenti” o della riforma degli ammortizzatori sociali, perché in Italia il doppio-sì (al lavoro e alla maternità) è veramente difficile da realizzare, come dimostra anche la costante diminuzione del tasso di fecondità[1].
Per questo motivo, abbiamo evidenziato quattro provvedimenti che il Governo potrebbe adottare nell’attuare le linee- guida prescritte dal Jobs Act.

1.   Indennità universale di maternità


Il riferimento è a: Jobs Act Art. 9, lettera a)
Ricognizione  delle  categorie  di  lavoratrici  beneficiarie dell'indennità  di  maternità,  nella  prospettiva  di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale  prestazione  a  tutte  le categorie di donne lavoratrici
Il Gruppo maternità&paternità ha già realizzato questa ricognizione. Attualmente risultano escluse dall’indennità di maternità:
·        Le stagiste e tirocinanti: alle "tradizionali" tirocinanti che si stanno preparando all'abilitazione professionale  (da avvocato, commercialista, psicologo etc), negli ultimi anni si aggiunge un vero e proprio esercito di stagiste, inserite in imprese ed organizzazioni;
·        Le donne che lavorano come autonome ma non hanno un adeguato pregresso contributivo.
·        Le donne inattive, come le studentesse o le donne che svolgono compiti di cura familiare;
·        Se una lavoratrice ha cessato l’attività da dipendente da più di 60 giorni (e non gode dell’indennità di disoccupazione), ha diritto all’indennità di maternità solo se sono soddisfatti due requisiti:  cessazione del rapporto da non più di 180 giorni e 26 contributi settimanali nell’ultimo biennio a favore della lavoratrice.
Ci sono poi situazioni di donne che ricevono già un’indennità, ma di ammontare inferiore a quello proposto e che pertanto andrebbe integrato. Tra queste:
·        Molte lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS (collaboratrici e professioniste), per le quali l’indennità (a differenza di quanto accade per commercianti, artigiane e professioniste iscritte ad ordini professionali) è calcolata proporzionalmente ai contributi versati.
·        Le donne che ricevono l'assegno dallo Stato, rivolto alle madri lavoratrici  o ex-lavoratrici  che non hanno diritto ad altri trattamenti di maternità.
·        Le donne che ricevono l'assegno erogato dall'INPS su segnalazione dei Comuni, rivolto alle madri che non hanno diritto né alle altre indennità di maternità né all'assegno statale.

La proposta Gruppo maternità&paternità è quella di offrire a tutte le madri un’indennità di 5 mensilità che non sia inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale (che nel 2014 è pari a 447,61 euro).

2.   Part time


Il riferimento è a: Jobs Act Art. 7, lettera a)
Individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti …

Il Gruppo maternità&paternità crede utile in generale diffondere come già in altri Paesi l’uso di orari ridotti e articolati – su base giornaliera, settimanale, annua – in modo da favorire le possibilità di scelta dei lavoratori e delle lavoratrici e le proprie strategie personali e familiari (non solo necessariamente legate alla cura ma alla formazione, al tempo per sé nella vita anziana, etc.  Per questo proponiamo:
·       l’attuazione del sistema già previsto dalla l.196/1997, art. 13 (cd pacchetto Treu) che stabilisce una rimodulazione delle aliquote contributive in base alle fasce orarie (ove le riduzioni di orario siano definite contrattualmente), per incentivare la scelta volontaria di orari ridotti.
La norma sulla “fruizione oraria dei congedi” – che avrebbe dovuto in pratica stabilire una specie di diritto al part time collegato al sistema del congedo parentale – risulta tuttora non applicata e comunque inapplicabile e farraginosa.
Per questo proponiamo (vedi anche sotto, nel paragrafo sui congedi parentali):

·       Part time come diritto per i genitori fino ai tre anni del figlio/figlia, indennizzato fino a concorso con l'indennità di congedo parentale se non usufruito.

3.   Contrattazione della flessibilità di tempo e di luogo


Il riferimento è a: Jobs Act Art. 9, lettera d)
Incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell’orario lavorativo e dell’impiego di premi di produttività al fine di favorire la conciliazione …

Il sistema di incentivi alla contrattazione di salario aziendale collegati ad interventi di flessibilità per l’aumento della produttività (si veda il Decreto CM del 22 gennaio 2013) è stato ben accolto dalle aziende. Secondo lo spirito del comma d), un sistema di incentivi di questo tipo potrebbe essere reintrodotto con un legame più forte e specifico alla conciliazione.

Il Gruppo maternità&paternità propone:
·        di applicare sgravi fiscali e/o contributivi ai premi variabili solo se introdotti all’interno di accordi aziendali che prevedano strumenti di conciliazione: le forme di conciliazione possono essere schemi flessibili di orario a scelta del lavoratore (“orari a menù”), rimodulazione e riduzione degli orari, smartworking,  indennità e altri benefit di welfare aziendale per la conciliazione.
·        in alternativa o in aggiunta, di  de-contribuire per un periodo di 5 anni tutti i nuovi rapporti di lavoro di part time scelto per ragioni di cura e di smartworking.
 

4.   Congedo parentale


Il riferimento è a: Jobs Act Art. 9, lettera g)
Ricognizione  delle  disposizioni  in  materia  di  tutela  e sostegno della maternità e della  paternità,  ai  fini  di  poterne valutare la revisione per garantire una  maggiore  flessibilità  dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo  le  opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,  anche  tenuto  conto della funzionalità organizzativa all'interno delle imprese;
I congedi parentali sono una importantissima misura di conciliazione del lavoro con le esigenze di cura. A tutt’oggi però sono considerati tipici del lavoro dipendente. Tant’è vero che i papà autonomi sono esclusi dall’accesso a questo strumento di conciliazione e anche le mamme autonome possono accedervi sino ad un massimo di 3 mesi nel primo anno di vita del bambino. Nel mondo del lavoro autonomo e free-lance sono concentrati attualmente moltissimi giovani madri e giovani padri e il fatto che un lavoratore autonomo possa disporre del proprio tempo non toglie la necessità di un contributo al reddito per le ore spese per la cura. Per questo, come Gruppo maternità&paternità, proponiamo:
·        di estendere, anche entro il lavoro autonomo, ad entrambi i genitori l’indennità di congedo e stabilire che debbano avere la stessa durata prevista per i dipendenti ed essere fruibili sino ai 3 anni del bambino.
La possibilità di utilizzo ad ore del congedo parentale, previsto dalla Direttiva europea e introdotto ormai da quasi due anni dalla riforma Fornero, si è rivelato fallimentare sia per le difficoltà manifestate dalle aziende timorose di un suo impatto difficile sulla pianificazione del lavoro (a volte già la fruizione a giornate ha creato problemi organizzativi), sia per le difficoltà incontrate dall’Inps a fornire indicazioni applicative per la mancanza di chiarezza della norma. Per questo, come Gruppo maternità&paternità, proponiamo:
·       Che tale norma (astrusa) sia sostituita da un - più semplice e certo sia per i lavoratori che per le aziende – diritto ad usufruire del part time fino ai tre anni del figlio/a (parzialmente indennizzato, fino a concorrenza delle ore, dall’indennità prevista dal congedo parentale).


[1] V. tra gli altri http://www.ingenere.it/articoli/sempre-meno-mamme-sempre-meno-bambini

venerdì 11 gennaio 2013

Sei proposte per la maternità e la paternità

Premessa

Pensare e proporre un sistema di “welfare per i genitori” è proporre un tema inattuale. E alcuni (partiti politici, sindacati, governo) pensano inattuabile, non solo per la crisi economica e sociale che stringe in una morsa il paese da quattro anni, ma soprattutto perché pensare a un “welfare per i genitori” implica collegare necessariamente lavoro per il mercato e cura. Ma il lavoro di cura manca di riconoscimento, non produce discussioni, non entra a far parte di una possibile interrogazione su come fuoriuscire dalla crisi.

La cultura a cui apparteniamo è ancora segnata dall’organizzazione per ruoli, per primi quelli che separano gli uomini dalle donne. Ancora uomini e donne, coscienti o incoscienti di questo, agiscono costretti in vecchi stereotipi, che dividono e che solo apparentemente uniscono: da una parte il lavoro, dall’altra la cura. Ma oggi è tutto questo che è inattuale e soprattutto inattuabile, non solo perché la presenza sempre più attiva e competente delle donne nel governo della vita quotidiana e della cosa pubblica impone la presa d’atto, il rispetto e la valorizzazione del loro apporto e dei loro saperi, ma soprattutto perché il mondo di oggi ha bisogno del lavoro di tutti e della cura di tutti.

Noi crediamo che al di là della declamata impossibilità di aumentare la spesa pubblica per le politiche sociali e famigliari (che peraltro si attesta su meno della metà della media dei Paesi europei), sia ancora il retro-pensiero -testardo nella mente dei decisori politici - che famiglia e figli sono affare di donne (così brave a conciliare in proprio, così fantasticamente acrobate e , nel caso contrario, si arrangino o rinuncino a esserci nel mercato del lavoro) ad aver impedito che politiche di conciliazione e politiche di condivisione abbiano avuto voice nel nostro paese e abbiano contribuito non solo a una maggiore presenza sociale e a un maggior benessere delle donne, ma anche a un riequilibrio fra i generi.

Da questa constatazione e dalla convinzione dell’attualità del legame forte tra produzione e riproduzione è nato il gruppo Maternità&Paternità, con l’obiettivo di trasformare in proposte concrete (e realizzabili) questo impianto teorico.

Innanzitutto, l’idea  che anima il gruppo è quella di collocare la riflessione e le proposte di welfare per le madri e per i padri nel “nuovo” mondo del lavoro, quello, dei ventenni e dei trentenni che cercano lavoro e a cui le aziende offrono di tutto tranne che un rapporto di lavoro regolare. Un welfare quindi che comprenda oltre che i dipendenti, lavoratori e lavoratrici autonome, collaboratori, professionisti e partite Iva, madri a part time, padri con lavori intermittenti, etc. etc. Piuttosto che solo i/le tradizionali dipendenti a tempo pieno e a tempo indeterminato che occupano l’immaginario delle organizzazioni tradizionali della rappresentanza politica e sindacale. Il nostro obiettivo è quello di dare il via ad un percorso di unificazione in chiave universalistica e di riequilibrio del sistema di welfare che allarghi i diritti sociali e di cittadinanza a chi, senza distinzione tra donne e uomini (secondo il principio del caregiver universale), presta attività di cura. Da qui è nata la prima proposta sull’indennità di maternità universale, nata dalla constatazione delle trasformazioni davvero epocali che sono avvenute nel mondo del lavoro in questi ultimi dieci anni. La legge 53 è stata una buona legge (eventualmente mortificata nelle sue applicazioni concrete da impicci burocratici di applicazione) ma è una legge che non risponde alle esigenze delle donne che entrano ora nel mondo del lavoro. La distinzione tra chi lavora e chi non lavora è molto più difficile oggi e richiede una nuova idea di welfare, che non solo prenda atto delle trasformazioni nel mondo del lavoro e delle ricadute peggiorative sulle donne, ma anche miri a realizzare il definitivo passaggio verso l’universal caregiver, in modo che le madri (e le donne in generale) non vengano più considerate le uniche responsabili sociali della cura e gli uomini “diventino più simili a quello che sono adesso le donne, cioè persone che forniscono cure primarie”.

Il modello di welfare in cui inserire le nostre proposte

Caratteristiche importanti del welfare che vogliamo costruire dovrebbero essere:

§         “universale”, nel senso che i diritti di cittadinanza non dovrebbero essere più solo legati al lavoro retribuito come nel welfare novecentesco, ma anche al lavoro di cura, riconoscendone l’importanza per la vita di tutti: universale quindi nel senso dell’universal earner e universal caregiver; in aggiunta, per il caso italiano, “universale” anche nel senso di “riferito a tutte le forme del lavoro” e non solo lavoro dipendente

§         però “attivo”, nel senso che – sulla base della teoria delle capabilities - deve prevedere che i soggetti diano il loro contributo alla vita e all’economia (in particolare che siano attivi nel mercato del lavoro), mentre compito centrale del welfare state è aiutare i soggetti a strutturare e ad agire le proprie capacità

§         in particolare per la cura, vogliamo un welfare in grado di offrire “libertà di scelta”, nel senso che entro certi limiti i cittadini possano esercitare le proprie preferenze e strategie personali e familiari (è l’approccio su cui stanno convergendo, anche se in misura diversa, tutti i regimi di welfare, da quello Usa e quello Nordico;  è anche l’approccio più aperto al futuro, perché le ragioni di convenienza, non solo economica, tra le varie opzioni potrebbero  variare anche significativamente negli anni a venire)

§         in grado di offrire “reti di sicurezza”, per chi non ha lavoro, per chi non ha casa, per chi non ha reddito sufficiente, per le persone fragili, per chi non è autosufficiente

Le proposte

Le proposte fin qui elaborate dal gruppo mirano al riconoscimento - materiale e simbolico - del lavoro di cura e alla costruzione di un sistema integrato di welfare per la cura che allarghi le possibilità di scelta delle madri e dei padri nelle strategie di cura tra servizi pubblici, servizi di mercato e cura diretta, evitando però di incoraggiare la rinuncia all’occupazione da parte delle donne. Per questo ci ispiriamo alle migliori esperienze europee, non solo quelle nordiche ma anche, per esempio, quella più recente delle Francia.

Nello schema che segue, si può osservare come le diverse proposte elaborate dal gruppo siano coerenti con i caratteri del modello di welfare che auspichiamo.

 

 
indennità maternità universale
congedi parentali flessibili e lunghi
crediti di cura per pensione
sgravi fiscali a piccole imprese
incentivi a riduzione volontaria orario lavoro
riduzione tariffe asili
welfare "universale"
O
O
O
 
 
 
welfare attivo
 
O
O
O
O
O
libertà di scelta
 
O
 
 
O
O
reti di sicurezza
O
 
O
 
 
 

1.                                      Indennità universale di maternità per tutte le madri

Il 55% delle donne italiane sotto i 30 anni e il 40% delle donne sotto i 40 anni non accede all’indennità prevista dal D. lgs. 151/2001 (ex legge 53) (dati al 2009, attualmente è probabile che la situazione si sia ulteriormente aggravata). Questo è un ulteriore elemento che scoraggia la natalità.

Su una questione di importanza centrale per lo sviluppo umano, come la maternità, riteniamo necessario superare la logica delle tutele esclusivamente legate all’occupazione e al lavoro subordinato. E’ importante favorire la libera scelta delle donne di avere dei figli e il riequilibrio della fecondità, dare l’opportunità alle giovani di non attendere un lavoro stabile prima di fare un figlio.

Chiediamo un assegno di maternità per tutte le madri e indipendentemente dal lavoro, pari al 150% della pensione sociale (al 2012 circa 700 euro mensili, per 5 mesi), a carico della fiscalità generale, con contributi a carico INPS.

2.                                      Congedi parentali di livello europeo

I congedi previsti dalla legge sono rigidi e troppo poveri per costituire una reale possibilità di scelta in direzione della cura diretta dei bambini. Questa è anche una ragione per cui sono poco utilizzati dai padri.

Ci sembra importante consentire a tutti genitori  - indipendentemente dalla posizione nel lavoro (lavoro subordinato/collaborazioni/lavoro autonomo) - la possibilità effettiva di scegliere il proprio mix tra le diverse opzioni di cura (servizi per l’infanzia e cura diretta indennizzata). Nell’ottica di un welfare attivo, riteniamo che i periodi di cura non debbano causare la perdita del contatto con il lavoro e debba quindi essere garantita la continuità di reddito e contributiva. Ci sembra altrettanto importante in un Paese ancora tradizionalista nella cultura familiare come l’Italia, dare un impulso alla partecipazione dei padri alla cura e allo sviluppo di un modello genitoriale dual earner /dual caregiver.

Chiediamo per i congedi parentali, di elevarne la durata a 18 mesi, la dimensione della quota indennizzata al 60% e che siano estesi a tutte le tipologie contrattuali. Chiediamo anche che siano utilizzabili part time: una misura a costo zero che potrebbe ridurre l’abbandono del lavoro da parte delle donne che non ottengono il part time.

3.                                      Crediti di cura ai fini pensionistici

Le donne hanno dovuto rinunciare all’anticipo del pensionamento – che era loro riconosciuto proprio in quanto caregivers – ma le risorse liberate non sono state rese disponibili a loro favore e poco è cambiato sia dal punto di vista della offerta dei servizi e degli aiuti monetari  da parte dello Stato, sia dal punto di vista della condivisione della cura. In prospettiva – soprattutto alla luce del passaggio al sistema contributivo - è assolutamente  probabile che le pensioni delle donne si impoveriscano ulteriormente.

Le fasi della vita dedicate all’accudimento dei bambini vanno considerate, almeno dal punto di vista contributivo, come periodi lavorati. In un’ottica di cittadinanza sociale, le/i caregivers vanno tutelati anche dal punto di vista previdenziale: le riforme pensionistiche devono prendere in seria considerazione la opportunità di integrare le pensioni di chi si è dedicato alla cura.

Proponiamo:

§        contributi figurativi legati al numero dei figli (ed eventualmente altri impegni di cura): 24 mesi per il primo figlio e 12 per ogni figlio successivo (a scalare rispetto alla contribuzione già riconosciuta per indennità di maternità e di congedi parentali);

§        integrazioni contributive per i periodi di lavoro part time per ragioni di cura, dato che a maggior ragione col passaggio al contributivo chi lavora a part time risulta molto penalizzato nella pensione;

§        possibilità di anticipare la pensione, nel quadro di un sistema di pensionamento flessibile (62-67), in caso di perentorie necessità di cura di un anziano non autosufficiente.

4.                                      sgravi fiscali per le micro e piccole imprese

Il congedo di maternità ha un costo (l’integrazione dell’assegno al 100% della retribuzione, i ratei delle mensilità aggiuntive, le ferie e le ROL maturate anche nell’assenza, i  lunghi tempi per rimborsi Inps, etc.). Questo costo incide particolarmente sui conti delle micro imprese ed è probabilmente alla radice di molta parte della discriminazione subita dalle donne al momento della assunzione, oltre che pretesto per mobbing nei confronti delle madri al rientro dalla maternità.

Fin quando i costi della maternità non saranno interamente a carico della fiscalità generale, le donne saranno penalizzate, con riflessi importanti sull’economia del Paese e sulla loro autonomia personale ed economica.

Chiediamo che le micro e piccole imprese abbiano diritto ad un credito d’imposta per ogni congedo di maternità, utilizzabile a partire dall’anno di vita del bambino (per contrastare il fenomeno delle pressioni alle dimissioni entro l’anno) e ad una riduzione dell’Irap per i congedi parentali dei padri che prendono almeno tre mesi di congedo.

5.                                      un incentivo alla riduzione volontaria dell’orario di lavoro

Un pilastro fondamentale per la conciliazione è la destandardizzazione degli orari, sotto forma di orari flessibili e di riduzioni volontarie (part time) temporanee o durature.

L’inerzia del modello di orario di lavoro standard, nato sulla rappresentazione del lavoratore  come maschio-breadwinner, è ancora molto forte ed è di ostacolo ai nuovi modi di intrecciare la vita e il lavoro delle donne e delle giovani generazioni.  Un sistema di welfare attivo deve promuovere una più efficace conciliazione per le madri e per i padri tra i tempi delle responsabilità familiari e quello del lavoro retribuito e consentire così una maggiore libertà dei genitori di scegliere il regime di cura dei figli, anche riducendo in alcune fasi della vita la quantità di tempo dedicato al lavoro per il mercato.

Chiediamo l’attuazione del sistema già previsto dalla l.196/1997, art. 13 (cd pacchetto Treu) che stabilisce una rimodulazione delle aliquote contributive in base alle fasce orarie (ove le riduzioni di orario siano definite contrattualmente), per incentivare la scelta volontaria di orari ridotti.

6.                                      Riduzione delle tariffe degli asili-nido pubblici

L’offerta di asili-nido, pur migliorata nell’ultimo triennio resta abbondantemente al di sotto dello standard europeo e le tariffe – e il modo con cui vengono articolate in ragione del reddito familiare - restano spesso proibitive per  famiglie a due redditi (e insostenibili nel caso di due figli sotto i 3 anni).

In un’ottica di welfare attivo e di libertà di scelta nel regime di cura, se vogliamo permettere alle madri di continuare a lavorare dobbiamo fare in modo di spostare il costo-opportunità tra spesa per il nido e reddito da lavoro nella direzione di  quest’ultimo.

Chiediamo che i nidi non siano più considerati “servizi a domanda individuale” e che i costi siano resi più coerenti con una redistribuzione su tutta la filiera educativa. Chiediamo inoltre  che ci sia trasparenza nei costi sostenuti dalle amministrazioni locali nella creazione del servizio per favorire una maggiore efficienza amministrativa e quindi costi più bassi.

giovedì 7 giugno 2012

11 Giugno "Verso un piano integrato per le politiche della maternità?"

l'11 giugno, dalle 16.00 alle 18.00, all'Università Cattolica (Via S. Vittore, 18 Milano) , si terrà il convegno, organizzato da Altis, in collaborazione con il Forum delle Associazioni Famigliari, "Verso un piano integrato per le politiche per la maternità?" I diversi approcci a confronto.
Anna Ponzellini e Maria Benvenuti di Maternità&Paternità saranno tra i relatori e presenteranno le proposte del gruppo sui congedi parentali.

mercoledì 30 maggio 2012

CONCILIAZIONE E RIFORMA DEL LAVORO


Da più parti è stato detto che le misure contenute nel disegno di legge di riforma del mercato del lavoro sono insufficienti riguardo alla “conciliazione” lavoro – cura.
In particolare, a me sembra che nel ddl 3249 manchino totalmente delle proposte che affrontino uno dei nodi principali (se non “il nodo”) di tutte le politiche di conciliazione: la flessibilità dell’orario di lavoro a favore dei genitori; flessibilità intesa sia come possibilità di variare la collocazione dell’orario, sia come possibilità di ridurlo, anche di poco e magari temporaneamente.

Sono andata a leggermi gli emendamenti all’art 56 (che nel ddl 3249 è quello intitolato "sostegno alla genitorialità") e ne ho trovati alcuni molto interessanti a questo riguardo: incentivi ai datori di lavoro ai fini della fruizione del congedo parentale a tempo parziale (sgravio totale dei contributi dovuti con l’obbligo per il datore di lavoro di pagare alla lavoratrice - ma dovremmo allargare anche ai papà- un terzo dei contributi come integrazione della retribuzione) e proposte di “interventi” volti alla trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part time per i genitori con figli fino a 12 anni.
Purtroppo, questi emendamenti non sono stati recepiti nel testo che è stato licenziato dalla Commissione Lavoro del Senato e approdato il 23 maggio alla discussione dell’Assemblea.

Anche noi del Gruppo Maternità&Paternità abbiamo di recente proposto in un incontro pubblico (il 9 marzo) di dare finalmente attuazione a un articolo della legge 196/1997 (art. 13) che, se attuato con un decreto, prevede un meccanismo di incentivazione per le riduzioni di orario volontarie.
Così come avevamo proposto la possibilità di fruizione a part time dei congedi parentali.
Credo che noi del Gruppo Maternità&Paternità dobbiamo subito aprire un confronto con tutte e tutti quelli che sono interessati e condividono le nostre proposte per individuare alcune misure attorno alle quali aggregare più consenso possibile.
Non possiamo permettere che l’art. 56 venga approvato così come è senza neanche provarci a integrarlo!

Cosa ne dite? Quali sono le 3 PROPOSTE che ritenete fondamentali tra quelle elaborate dal nostro Gruppo ? In questo blog trovate sia il testo delle proposte elaborate a giugno 2010 sia quelle presentate all’incontro pubblico dello scorso 9 marzo.

Maria Benvenuti

lNCHIESTA MADRE-NONMADRE. LE PROPOSTE


INDENNITA’ UNIVERSALE DI MATERNITA’ PER TUTT LE MADRI
            Quasi una mamma su quattro (23%) non ha avuto nessuna indennità di maternità
Chiediamo un assegno di maternità per tutte le madri e indipendentemente dal lavoro,   pari al 150% della pensione sociale (al 2012 circa 700 euro mensili, per 5 mesi), a carico della fiscalità generale, con contributi a carico INPS.
2    SGRAVI FISCALI PER LE PICCOLE IMPRESE (SOTTO I 50 DIP)
            In sei casi su dieci la maternità ha avuto una risposta ostile sul luogo di lavoro
Chiediamo un credito d’imposta per il congedo di maternità, utilizzabile a partire dall’anno di vita del bambino e una riduzione dell’Irap per i congedi parentali dei padri che prendono almeno tre mesi di congedo.
3     UN INCENTIVO ALLA RIDUZIONE VOLONTARIA DELL’ORARIO DI LAVORO
Per oltre otto madri su dieci il tempo è il  problema principale dopo la maternità
Chiediamo l’attuazione del sistema di incentivazione degli orari ridotti già previsto dalla l.196/1997, art. 13 (cd pacchetto Treu) che stabilisce una rimodulazione delle aliquote contributive in base alle fasce orarie (ove le riduzioni di orario siano definite contrattualmente).
4     RIDURRE LE TARIFFE DEGLI ASILI-NIDO PUBBLICI
      Dopo il tempo, il  costo del nido (e babysitter) è considerato l’ostacolo principale alla maternità
Chiediamo che i nidi non siano più considerati “servizi a domanda individuale”, in modo che i costi possano essere redistribuiti in tutta la filiera educativa e che si analizzino meglio le ragioni dei differenziali di costo dei nidi tra i diversi Comuni.

mercoledì 7 marzo 2012

Anche il Corriere della Sera parla di noi

Sabato 3 marzo, Il Corriere della Sera ha parlato dei risultati della nostra inchiesta
http://archiviostorico.corriere.it/2012/marzo/03/come_fare_tutto_Merito_del_co_9_120303026).shtml

Ma, se i partner sono collaborativi, come giustamente si sottolinea nell'articolo (ma ricordiamoci che molte delle intervistate hanno una scolarità alta e vivono al Nord), il lavoro continua a essere un problema per chi decide di diventare madre o lo è diventata.
Ne parleremo venerdì 9 marzo dalle 17.00 alle 19.30 allo spazio ChiAmaMilano, in Largo Corsia dei Servi, 11.
Vi aspettiamo!

martedì 28 febbraio 2012

MADRE-NON MADRE, INCONTRIAMOCI IL 9 MARZO

Redditi che rasentano la povertà, lavori discontinui, incerti e privi di ammortizzatori sociali, tutele della maternità decrescenti. Come possono le giovani donne anche solo pensare di poter realizzare il desiderio di un figlio? E che cosa succede poi a chi ha comunque deciso di mettere al mondo un figlio? Possono le donne sentirsi rassicurate di fronte alle risposte dello statosociale, delle aziende, dei loro partner? E' quello che ci siamo chieste dopo aver visti i risultati dell'inchiesta Madre-nonMadre, la grande indagine on line lanciata dal gruppo Maternità&Paternità alla fine del 2011 per scoprire quali fossero i desideri, le necessità, gli ostacoli e le aspettative delle giovani donne di fronte alla sfida della maternità.

Dai quasi 3000 questionari raccolti in poche settimane, affiora un quadro sempre più problematico della relazione tra maternità, lavoro e welfare, in Italia.

Perché? E quali politiche mettere in atto per uscire da questa situazione?

Ne discuteremo:

Venerdì 9 marzo

Dalle ore 17.00 alle ore 19.30

Allo spazio Chiamamilano, Corso Vittorio Emanuele, 24 (angolo Corsia dei Servi)

Insieme a Chiara Bisconti (assessora al Benessere, Qualità della vita, Sport e Tempo Libero), alla giornalista Eleonora Cirant, a Maria Luppi (Comitato Strategico per la conciliazione della Regione Lombardia) a Gianna Martinengo (Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Milano e Assolombarda), ad Alessandro Rosina (docente di Demografia all’Università Cattolica di Milano).

Interverranno, con le loro testimonianze, le donne che hanno partecipato all’inchiesta Madre-nonMadre.